SIAE obbligatoria? Monopolio e alternative

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SIAE obbligatoria? Monopolio e alternative

Vignetta sul monopolio Standard Oil, raffigurato come una gigante piovra sugli USA.

Il monopolio è tentacolare ma si può sfuggire.

All’interno della nostra serie di articoli su SIAE, rispondiamo a qualche domanda che riceviamo frequentemente. Ripubblichiamo di seguito alcuni paragrafi di Pillole di diritto per creativi e musicisti dell’avv. Aliprandi, pubblicato in CC BY-SA 4.0.

Segnaliamo inoltre lo studio dell’Istituto Bruno Leoni sull’inefficienza di SIAE e il servizio europeo alternativo per gli autori italiani, Soundreef, che peraltro da oggi è la prima IME d’Europa (società indipendente di gestione dei diritti).

44 Perché si dice che la SIAE ha un monopolio?

Il legislatore italiano ha ritenuto che fosse più opportuno che l’attività di intermediazione dei diritti d’autore fosse gestita da un unico ente. Infatti, l’art. 180 della legge 633 del 1941 stabilisce che

l’attività di intermediario, comunque attuata, sotto ogni forma diretta o indiretta di intervento, mediazione, mandato, rappresentanza ed anche di cessione per l’esercizio dei diritti di rappresentazione, di esecuzione, di recitazione, di radiodiffusione ivi compresa la comunicazione al pubblico via satellite e di riproduzione meccanica e cinematografica di opere tutelate, è riservata in via esclusiva alla Società italiana degli autori ed editori (SIAE).

Ciò implica che sul territorio nazionale non è possibile svolgere questo tipo di attività; unica alternativa che rimane all’autore è quindi quella di gestire in autonomia i suoi diritti d’autore o quella di affidarsi ad un ente estero.

Da molti anni si discute dell’opportunità di questa scelta, specie in un mercato della comunicazione e delle produzioni culturali ormai globalizzato. Di recente l’Unione Europea si è mossa nella direzione della liberalizzazione di questo mercato, quindi non è da escludere che anche l’Italia dovrà prima o poi rivedere questo impostazione.

45 Gli ispettori SIAE sono pubblici ufficiali?

Sì, ma solo nell’esercizio delle loro funzioni di controllo. Infatti, la SIAE, pur nascendo come entità associativa di autotutela degli interessi economici degli autori, ha poi visto una trasformazione in ente pubblico e un progressivo ampliamento delle sue funzioni grazie ai vari interventi legislativi che le hanno attribuito veri e propri poteri di controllo e ispezione. Ne consegue che per giurisprudenza costante gli ispettori SIAE (indipendentemente che svolgano la loro attività in via subordinata o volontaria, retribuita o a titolo gratuito) debbano essere intesi come pubblici ufficiali, in quanto svolgono specifiche funzioni pubbliche (di carattere amministrativo e tributario), con redazione di verbali e atti certificativi autoritativi, ai sensi dell’art. 357 codice penale (norma che definisce il concetto di “pubblico ufficiale”).

51 Invece che alla SIAE, conviene iscriversi ad una collective estera?

Può convenire iscriversi ad una collecting society estera se si è residenti e operanti in Italia e magari si ha un bacino di utenti principalmente italiani? È molto difficile fornire una risposta netta e univoca a questo quesito. Le variabili in gioco sono davvero moltissime e bisogna valutarle tutte per verificare se vi è o no convenienza: dal tipo di opere prodotte, alla dimensione del repertorio, dal bacino di utenti alle questioni fiscali. Di certo in ambito europeo a livello di efficienza organizzativa e burocratizzazione ci sono soluzioni migliori rispetto alla SIAE. E dal punto di vista giuridico bisogna tenere presente che, stante l’esclusiva riservata per legge alla SIAE e in virtù del principio del diritto comunitario di libera circolazione delle attività e dei servizi, l’unico modo per servirsi di una collective diversa dalla SIAE è proprio quello di iscriversi presso una sua corrispondente attiva in altro paese dell’UE.

54 Bisogna pagare la SIAE anche se si suona musica non SIAE?

Questo è uno dei temi più caldi e dibattuti. Giustamente viene spesso da chiedersi perché si dovrebbero versare dei soldi alla SIAE se la SIAE non ha nulla a che fare con la musica suonata in quell’occasione. Il problema però sta in una sorta di “presunzione” secondo cui, essendo il repertorio musicale gestito dalla SIAE davvero immenso (si pensi che gestisce anche gli autori del resto del mondo, attraverso accordi con le collecting society estere), si presume che sostanzialmente in uno spettacolo di 23 ore qualche brano tutelato dalla SIAE ci scappi quasi sicuramente. E visto che l’unico modo per verificare se davvero non ci è scappato è quello di chiedere comunque la compilazione del programma musicale (borderò) ed eventualmente registrare la serata, ecco che i responsabili degli uffici SIAE spesso applicano un’interpretazione molto conservatrice delle regole (che – bisogna dirlo – sono tutt’altro che chiare).

Si tratta però di un approccio davvero troppo rigido e che viene percepito come ingiusto da molti musicisti e organizzatori di eventi basati su musica indipendente e non gestita da SIAE, dato che in linea di principio la SIAE non ha nulla da pretendere in quei casi. Dunque, è necessario che colui che si occupa delle pratiche SIAE per un evento di questo tipo, presenti con chiarezza la situazione all’ufficio SIAE e chieda con fermezza di non essere costretto a pagare somme forfait se non strettamente dovute. Sul sito lasiae.blogspot.it sono pubblicati alcuni suggerimenti per muoversi correttamente in queste occasioni.