Creare valore per le collezioni digitali dei musei

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Creare valore per le collezioni digitali dei musei

Il 20 ottobre scorso si è tenuto a Torino il workshop Unlocking Value from Digital Collections: International Perspectives”, che ha visto la partecipazione di esperti internazionali, tra cui Trilce Navarrete dell’Erasmus University Rotterdam, Simon Tanner del King’s College e Matthias Sahli dell’Università di Neuchatel, coordinati dal sottoscritto. 

L’obiettivo del workshop è stato quello di promuovere una discussione sulle opportunità e gli ostacoli legati all’adozione di modelli di accesso e riuso delle collezioni digitali da parte delle istituzioni GLAMs (Galleries, Libraries, Archives, Museums) e raccogliere evidenze che possano contribuire al dibattito sulla valorizzazione del patrimonio culturale digitalizzato in Italia.

Sappiamo e abbiamo sottolineato come le collezioni di beni culturali in Italia siano enormi ma eccessivamente frammentate, con oltre 5.000 musei e istituti similari che, se da un lato rappresentano una straordinaria ricchezza, dall’altro hanno ostacolato finora investimenti e iniziative coordinate di digitalizzazione su vasta scala. Inoltre, il quadro normativodelineato dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, ponendo specifiche restrizioni per il riutilizzo con scopi commerciali delle immagini dei beni culturali pubblici, ha fortemente limitato la sperimentazione di approcci open access delle immagini delle collezioni, senza però portare ad una chiara comprensione se tali restrizioni favoriscano o ostacolino il potenziale sviluppo del patrimonio culturale digitale italiano o ne permettano qualche forma di redditività per le istituzioni culturali italiane.

Simon Tanner ha offerto uno sguardo prezioso sulla sostenibilità economica delle collezioni digitali nei musei, attingendo dal suo primo studio pioneristico condotto nel 2004 sui modelli di tariffazione e diritti di riuso per le riproduzioni adottati dai musei d’arte statunitensi.  Da questa analisi, emerge chiaramente come modelli basati sulla concessione dei diritti delle riproduzioni attraverso autorizzazione e tariffazione generino livelli di guadagno relativamente modesti rispetto alle opportunità complessive di generare profitti. Tanner ha sottolineato che le istituzioni museali spesso non solo non traggono un beneficio economico significativo dalla vendita delle immagini, ma affrontano perdite quando si considerano i costi associati alla gestione di tali concessioni. Di contro, sarebbe consigliabile rendere i contenuti accessibili e focalizzare gli sforzi sulla gestione delle risorse digitali e dei dati al fine di ottenere benefici in termini di comunità, educazione, prestigio e presenza online dell’istituzione. Un esempio concreto di questa prospettiva è rappresentato da istituzioni di rilievo come il MET, lo Smithsonian e la National Gallery of Art negli Stati Uniti, che hanno fatto una scelta decisa verso modelli open access, rendendo liberamente accessibili le proprie collezioni digitali. Questa tendenza crescente indica un cambio di paradigma, in cui la condivisione aperta delle risorse culturali diventa un motore di benefici più ampi e duraturi rispetto ai tradizionali modelli basati su licenze chiuse.

Per indagare come le istituzioni GLAMs possano generare valore dalle loro collezioni digitali stabilendo una relazione con la comunità di creativi, Trilce Navarrete ha invece evidenziato come il processo creativo non è sempre univoco e può essere attivato dalle collezioni digitalizzate in maniera diversa: queste possono essere fonte di ispirazione per nuove creazioni oppure possono essere usate come dati. Il processo creativo inoltre può essere attivato anche dalle stesse istituzioni tramite iniziative come open call, hackathon o commissioni dirette da parte delle istituzioni. In quasi tutti questi casi, i benefici in termini di valorizzazione non derivano solo dall’aver adottato modelli di accesso aperto ai contenuti digitali, ma soprattutto dal fatto che le istituzioni culturali hanno imparato a sfruttare le potenzialità di dialogo e co-creazione con i pubblici che tali strumenti offrono.  

Infine, Matthias Sahli ha presentato alcune importanti evidenze empiriche sull’impatto che il passaggio al pubblico dominio per le opere d’arte ha per la diffusione e riuso delle immagini digitali sul web, contribuendo alla produzione e condivisione di conoscenza su queste opere.  Analizzando oltre 130.000 immagini presenti sul sito usem.org di opere provenienti da 1.286 musei situati in 59 paesi, lo studio dimostra come la condizione di libero accesso e riuso dei surrogati digitali determinata dal pubblico dominio di un’opera ne amplifica in modo significativo la disponibilità sul web rispetto alle immagini di opere ancora soggette a diritto d’autore. Inoltre, le immagini presentano una qualità media superiore e sono più ampiamente riutilizzate in diverse forme. Tali risultati, per quanto concentrandosi sulla diffusione e riuso di riproduzioni digitali in pubblico dominio, suggeriscono alcuni interessanti parallelismi sulle possibili differenze di diffusione e riuso delle riproduzioni digitali dei beni culturali in base a modelli ad accesso aperto o maggiormente restrittivi.

In conclusione, i tre contributi offerti nel workshop, pur da prospettive diverse, hanno evidenziato come l’apertura delle collezioni digitali dei musei possa rappresentare una opportunità per le istituzioni museali e la società. Se il ritorno derivante dallo sfruttamento commerciale delle riproduzioni è spesso inferiore ai costi necessari per gestire autorizzazioni e tariffe nelle concessioni delle immagini, i benefici indiretti derivanti invece dall’apertura delle collezioni digitali possono essere molteplici, anche se di difficile misurazione. In questo contesto, sarebbe auspicabile, come successo nelle esperienze di altri paesi, poter sviluppare anche in Italia un dibattito maggiormente basato su evidenze dei costi e benefici che le differenti politiche o strategie di accesso e riuso hanno per la valorizzazione del patrimonio culturale digitale

Enrico Bertacchini

Professore Associato di Economia Pubblica all’Università di Torino, è esperto di economia della cultura. Fellow del Centro Nexa su Internet e Società, negli anni ha condotto ricerche sul settore museale e la valorizzazione del patrimonio culturale digitale.

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Immagine: Zeuxis Selecting Models for His Painting of Helen of Troy, di Angelika Kauffman, Public domain, da Wikimedia Commons