Afghanistan, aiuta a proteggere il patrimonio sui progetti Wikimedia

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Afghanistan, aiuta a proteggere il patrimonio sui progetti Wikimedia

Wikimedia Svizzera ha lanciato una mobilitazione per il patrimonio culturale dell’Afghanistan, in collaborazione con International Council of Museums (ICOM).

Oltre alla situazione umanitaria, altamente preoccupante, anche il ricco patrimonio culturale del paese è ancora una volta minacciato. Per questo Wikimedia Svizzera ha lanciato un appello per la documentazione e l’illustrazione dei tesori artistici dell’Afghanistan su Wikipedia e sui progetti fratelli.

Scopri come contribuire a proteggere il patrimonio dell’Afghanistan

Wikimedia CH, l’associazione che sostiene i progetti Wikimedia in Svizzera, ha dunque creato una pagina del progetto e ha rivolto l’appello alle comunità internazionali di Wikipedia, alla Wikimedia Foundation e agli altri capitoli nazionali di Wikimedia. Per contribuire insieme alla protezione online del patrimonio artistico dell’Afghanistan.

Proteggere il patrimonio dell’Afghanistan online

Gli esperti di ICOM denunciano il rischio che vandali e ladri approfittino dell’instabilità politica e sociale per rubare o distruggere il patrimonio culturale. Le transazioni illegali sono spesso effettuate tramite piattaforme online. 

Proprio in rete però è possibile fare la propria parte per evitare questo pericolo, dando la maggiore visibilità possibile su Wikipedia e sulle piattaforme sorelle ai manufatti afghani. La base della cooperazione tra ICOM e Wikimedia Svizzera è la “lista rossa” degli oggetti in pericolo, pubblicata da ICOM.

Sia principianti che utenti esperti di Wikipedia, Wikidata e Wikimedia Commons possono contribuire a migliorare un articolo esistente sui beni culturali in pericolo in Afghanistan o completarlo con immagini, link, fonti o infobox di Wikidata. Si possono anche creare o tradurre in altre lingue articoli già esistenti. 

Nell’immagine: Labit – Buddah méditant – Hadda Afghanistan, di Georges Labit Museum, Public domain, attraverso Wikimedia Commons