Decreto attuativo della direttiva copyright: i punti critici

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Decreto attuativo della direttiva copyright: i punti critici

direttiva copyright illustrazione

La delega per la trasposizione della direttiva europea sul diritto d’autore è stata approvata dal Parlamento lo scorso aprile, all’interno della legge di delegazione europea 2019-2020. Ne avevamo già scritto. Tale approvazione non era però l’atto finale: nella legge infatti si dava incarico al Governo di emanare un decreto attuativo, cioè specificare come la direttiva deve essere effettivamente applicata. Il Ministero della cultura ha dunque preparato uno schema di decreto, e ha approntato un calendario di audizioni in videoconferenza che si sono tenute il 15 e il 16 luglio.

Né Wikimedia Italia né Creative Commons Italia, già in audizione durante la discussione sulla legge di delegazione europea, sono state convocate. Siamo venuti a conoscenza dello schema di decreto vedendo la bozza pubblicata sul sito del Mei. Dopo una nostra protesta presso il ministero, abbiamo ottenuto la possibilità di inviare per scritto le nostre considerazioni.

Questo decreto attuativo deve essere coerente con il testo della direttiva europea che viene attuata e deve rispettare le specificazioni che il parlamento ha indicato nella legge di delegazione. Analizzando il testo, emergono che alcuni punti sono stati scritti in un modo che non rispetta lo spirito, e a volte neppure la lettera, della direttiva.

  • Non viene specificato un modo univoco per indicare che il titolare dei diritti di una base dati non cede il diritto di estrazione di parte del testo. Esistono già standard de facto, come il file robots.txt, che sono facilmente utilizzabili; non usarli rende inutilmente complicato il lavoro di estrazione, che non può essere compiuto automaticamente.
  • Definire un’opera fuori commercio solo quando non è disponibile nei canali commerciali da dieci anni sarebbe punitivo nei confronti delle opere scientifiche, che hanno una vita utile più breve di quelle di narrativa. Abbiamo quindi proposto un semplice emendamento migliorativo: «modificare l’articolo 102-undecies, comma 2, ultimo periodo, inserendo dopo le parole “dieci anni” le seguenti: “, ad eccezione delle opere scientifiche per le quali il termine è ridotto a tre anni, oppure le opere che non sono mai state in commercio”».
  • In generale, la trasposizione degli articoli sulle opere fuori commercio appare violare il testo della direttiva, in quanto non introduce un’eccezione obbligatoria ma solo dei processi molto complicati per la concessione di licenze, in netto contrasto con l’azione di liberalizzazione. Al contrario, la direttiva fornisce a livello di Unione Europea diverse procedure di semplificazione. L’articolo 8(2) della direttiva obbliga per esempio il legislatore nazionale a consentire l’uso di opere fuori commercio, anche in caso di inesistenza o inazione di un organismo di gestione collettiva pertinente, portando all’introduzione di una nuova eccezione o limitazione al diritto d’autore. Questa opzione è inspiegabilmente assente nella bozza. 

Il decreto non considera tutte le opere culturali

Una trattazione a parte merita l’articolo 1 del d.lgs. Il testo afferma che: «Alla scadenza della durata di protezione di un’opera delle arti figurative il materiale derivante da un atto di riproduzione di tale opera non è soggetto al diritto d’autore o a diritti connessi, salvo che non costituisca un’opera originale» e a prima vista parrebbe una trasposizione diretta dell’articolo 14 della direttiva europea sul copyright. Ma la direttiva parla di opere visive (“visual art” nel testo originale inglese), che comprende le «opere della scultura, della pittura, dell’arte del disegno, della incisione e delle arti figurative similari, compresa la scenografia» (art. 2, n. 4 della legge 633/41) ma anche «i disegni e le opere dell’architettura» (definite nell’art. 2, n. 5 della legge 633/41, che non viene citato). 

Il decreto non è congruente con il Codice dei beni culturali, che continua a sussistere

È molto grave infatti l’ambiguità che risulta dal non avere contestualmente indicato il superamento delle direttive del Codice dei beni culturali e del paesaggio. Tecnicamente il Codice non definisce i canoni per l’uso delle immagini indicati agli articoli 107 e 108 come connessi al diritto d’autore, ma la direttiva nasce per la liberalizzazione dell’uso di tali opere.  Si rischia insomma una nuova procedura d’infrazione da parte dell’Unione Europea, evitabile.

Aggiungiamo infine che la direttiva copyright invita i paesi membri a “riaprire” le eccezioni opzionali della direttiva InfoSoc, tra cui quella sulla libertà di panorama; non vi è traccia di tale liberalizzazione che sarebbe invece utile per valorizzare il nostro patrimonio culturale.

Ci auguriamo che le nostre considerazioni possano essere recepite dal ministero, e contribuire a una buona legge che sia utile per tutti.

Nell’immagine: elaborazione di EU Copyright – Wikimedia Panel, di MossAlbatross, CC BY-SA 4.0, attraverso Wikimedia Commons