La Corte dei Conti dice no al tariffario sulle immagini

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La Corte dei Conti dice no al tariffario sulle immagini

Anche la Corte dei Conti si è espressa in maniera contraria al decreto del Ministero della Cultura che istituisce un tariffario per il riuso di immagini dei beni culturali italiani. Ad aprile 2023 sono state pubblicate le “Linee guida per la determinazione degli importi minimi dei canoni e dei corrispettivi per la concessione d’uso dei beni in consegna agli istituti e luoghi della cultura statali” (D. M. 161, 11 aprile 2023) e in molti sono insorti. Bibliotecari e ricercatori hanno più volte sottolineato come il decreto sia dannoso non solo per la tutela del patrimonio culturale, ma anche per la sua stessa tutela. Il parere della Corte dei Conti arriva a distanza di mesi, ma con indicazioni chiare e precise.

La posizione della Corte dei Conti è contenuta nel documento “Gli esiti dell’attività di controllo svolta nell’anno 2022 e le misure conseguenziali adottate dalle amministrazioni”, disponibile online. Da pagina 155 si può leggere la valutazione delle misure adottate dalle amministrazioni sulla “Spesa per l’informatica con particolare riguardo alla digitalizzazione del patrimonio culturale italiano e all’impiego delle piattaforme abilitanti”. Pur riconoscendo che le azioni intraprese nel 2022 dal Ministero della Cultura erano in linea con le indicazioni stesse della Corte dei Conti, non vengono risparmiate critiche per il sistema generale e per le iniziative più recenti.

La posizione della Corte dei Conti

La Corte dei Conti dichiara che:  “L’approccio digitale di molti operatori del settore è apparso, nel passato recente, ancora troppo spesso impermeabile al cambiamento”.

“Gran parte dei curatori e degli altri operatori professionali fondavano la loro formazione sulla museologia tradizionale ed è da lì che hanno mutuato metodologie ed abitudini ormai desuete, aggiungendovi la crescente tendenza a rivolgere la propria attenzione, non tanto al consumatore finale del proprio lavoro, ma ai colleghi e ad altri operatori specializzati”.

Se il Piano Nazionale di Digitalizzazione (PND) viene ricordato come un passo nella giusta direzione, nonostante le riserve di molti esperti e attivisti per l’open access, la Corte fa presente che: “appare in controtendenza l’adozione del recente Decreto Ministeriale (D.M. 161 dell’11.4.2023) con il quale è stato sostanzialmente introdotto un vero e proprio “tariffario” nel campo del riuso e della riproduzione di immagini; così incidendo su temi centrali connessi allo studio ed alla valorizzazione del patrimonio culturale nazionale, nonché ad una più ampia circolazione delle conoscenze”

Libertà come ricchezza

Già ai tempi del PND si era fatto ampio riferimento al valore dell’Open Access, inteso come l’insieme di pratiche volte a favorire il libero accesso di chiunque all’uso e riuso del patrimonio culturale. Anche nel suo parere la Corte dei Conti ribadisce il valore dell’Open Access:

“L’Open Access ha da tempo dimostrato di essere un potente moltiplicatore di ricchezza non solo per le stesse istituzioni culturali (si vedano le ben note best practices nazionali ed internazionali), ma anche in termini di incremento del PIL ed è quindi considerato un asset strategico per lo sviluppo sociale, culturale ed economico dei Paesi membri dell’Unione.


L’introduzione di un “tariffario” siffatto pare, peraltro, non tener conto né delle peculiarità operative del web, né del potenziale danno alla collettività da misurarsi anche in  termini di rinunce e di occasioni perdute; ponendosi, così, in evidente contrasto anche con  le chiare indicazioni che provengono dal Piano Nazionale di Digitalizzazione (PND) del patrimonio culturale”.

Tutti a favore dell’Open Access

In linea con la Direttiva Europea su Copyright, Wikimedia Italia sostiene da sempre che le immagini dei beni culturali in pubblico dominio devono essere libere e prive di canoni per ogni tipo di pubblicazione e per l’uso e il riuso dentro e fuori i progetti Wikimedia.

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Immagine: The carpet seller, di Eduardo Ettore Forti, Pubblico dominio, da Wikimedia Commons